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Amazon arriva a Colleferro

Sabato 01 Agosto 2020 16:53  |  Editoriali  |  

Molte associazioni della zona hanno deciso di mettere in fila le molteplici criticità riguardanti l’arrivo del colosso dell’e-commerce a Colleferro. In un anno e mezzo – spiegano le realtà sociali – la politica locale ha soltanto benedetto l’arrivo di Amazon eliminando ogni possibilità di discussione pubblica e di condivisione dell’operazione in corso su via palianese.

 

Amazon a Colleferro

L'arrivo di Amazon a Colleferro segnerà una svolta per il territorio dell'alta Valle del Sacco dal punto di vista politico, economico, ambientale e sociale.(1) Colleferro, fin dalla sua nascita, rappresenta un nodo cruciale per le politiche economiche del Paese, in particolare per la nostra Regione, dove, con il suo asse industriale, è stata traino dello sviluppo del secondario dal secondo dopoguerra fino all'avvento “l'economia della monnezza” negli anni Novanta. Amazon, invece, rappresenta la forma ad oggi più avanzata di sfruttamento dei territori e delle città a danno delle comunità,(2) nonché dei lavoratori dipendenti, spesso precari, come i 300 interinali di Passo Corese mandati a casa a gennaio 2019 a un anno dall'apertura del polo del reatino.

 

Politica ed economia: Colleferro

La società che ha costruito il capannone su Via palianese, la Vailog srl – il cui proprietario Eric Veron, è vicino al Partito Democratico(3) – ha trovato terreno fertile in un contesto politico che vede la Regione Lazio a guida Zingaretti e l'ente locale concordi sulla nuova direzione impressa al rilancio del comprensorio, proprio nel momento in cui, dopo anni di empasse, si è arrivati alla sigla dell'accordo di programma sulla bonifica del Sin Bacino del fiume Sacco. Questo significa che la riconversione ambientale e sociale della zona a cavallo tra le province di Roma e Frosinone, che organizzazioni ambientaliste e cittadini speravano di poter realizzare a partire da una pianificazione partecipata che valorizzasse lo sviluppo propulsivo del territorio, sfumerà di fronte ad una spacciata riconversione decisa a tavolino da classi dirigenti che finora si erano proposte come modello di governo orizzontale.

 

Politica ed economia: Amazon e la variante Covid-19

Amazon, multinazionale da 232,9 miliardi di dollari di fatturato (dato 2018) con sede in tutti i continenti, colosso dei consumi online, ha in Italia 23 centri con un'espansione prevalente Nord-Sud che dal primo centro di Piacenza, aperto nel 2010, si è spinta fino a Napoli, con l’idea di coprire prossimamente la dorsale adriatica e le Isole.(4) In tutto il mondo lo strumento politico per eccellenza usato dalla creatura globalizzata fondata da Jeff Bezos è l'investimento salvifico che scende come un miracolo nelle aree depresse, illudendo fasce eterogenee di popolazione con il miraggio del lavoro e/o del consumo veloce e a domicilio, meccanismo sfruttato per guadagnare il consenso di sindaci e amministratori locali in cerca di risposte ai problemi occupazionali dei loro territori. Infatti, una delle modalità predilette di diffusione da Amazon è quella delle aste, in cui si chiede alle comunità di offrire vantaggi fiscali e burocratici, con costi sociali (dal rifacimento dell’assetto viario agli oneri di urbanizzazione) a carico delle amministrazioni e della collettività. Da quando è scoppiata la crisi sanitaria, con imponenti effetti sull’economia, alcuni tra gli uomini più ricchi del pianeta sono diventati ancora più ricchi e potenti. Mentre il nostro Governo, assieme soprattutto  a quello spagnolo, nell’area europea tentava di trattare per spingere verso un piano di ripresa economica sostanzioso, il fondatore di Amazon insieme, ad esempio, a quello di Facebook, della Walmart o di Microsoft, aumentavano in maniera esponenziale i loro patrimoni giovandosi della crisi. Fortune costruite su una tassazione quasi inesistente – se paragonata ai loro patrimoni – mentre sempre di più cresceva il divario tra lavoratori e magnati della finanza. In questa fase, alla data del 15 aprile, Jeff Bezos aumentava il suo patrimonio di 25 miliardi di dollari e in quel momento 38 milioni di lavoratori americani perdevano il lavoro.

 

La logica di Amazon

Sul fronte italiano per lo Svimez, l’istituto di sviluppo del Mezzogiorno, il lockdown costa all’Italia 47 miliardi al mese, 37 al Centro-Nord, 10 al Sud. Considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell’anno, il Pil nel 2020 si ridurrebbe, in base a un report redatto dagli economisti Svimez Salvatore Parlato, Carmelo Petraglia e Stefano Prezioso, coordinati dal Direttore Luca Bianchi, del -8,4% per l’Italia, del -8,5% al Centro-Nord e del -7,9% nel Mezzogiorno. Dal report emerge che: 1) l’emergenza sanitaria colpisce più il Nord, ma gli impatti sociali ed economici “uniscono” il Paese; 2) il Sud rischia di accusare una maggiore debolezza rispetto al Centro-Nord nella fase della ripresa, perché sconta inevitabilmente la precedente lunga crisi, prima recessiva, poi di sostanziale stagnazione, dalla quale non è mai riuscito a uscire del tutto; 3) occorre completare il pacchetto di interventi per compensare gli effetti della crisi sui soggetti più deboli che non sono stati tutelati. Ovvio che in questa fase i 500 posti di lavoro promessi dal polo logistico colleferrino sembrano una “manna” dal cielo. Sempre di più emerge un modello politico che elargisce promesse di miracoli attraverso generose concessioni ai potenti di turno che continuerebbero a massimizzare i profitti, giovandosi di investimenti pubblici, sul fronte urbanistico di aiuti, attraverso semplificazioni burocratiche e di veri e propri “regali” come il rifacimento e l’allargamento di tratti viari e l’ammodernamento di linee ferroviarie. Mai come oggi da parte della politica servirebbero capacità di reperire risorse utilizzando una tassazione fortemente progressiva, eliminando paradisi fiscali e colpendo i grandi patrimoni così da poter finanziare grandi campagne di lavori pubblici con lo scopo di creare occupazione e investire per il futuro. Accettare oggi la logica di Amazon è accettare l’impossibilità della politica di costruire un futuro sostenibile.

 

Ambiente, contraddizioni e dubbi

Il polo logistico in costruzione andrà a pesare su un’area già sottoposta a notevole stress ambientale. I terreni che in questi mesi hanno visto i lavori di sbancamento ricadono a ridosso della discarica di Colle Fagiolara, chiusa nel gennaio scorso. Le operazioni di post-mortem dureranno decine di anni e la vita lavorativa dei futuri dipendenti si svolgerà a contatto con un ambiente che non è tra i più salubri. In più, a pochi passi sorge il Monumento naturale della Selva di Paliano. Ci chiediamo: la sognata rivalutazione del polmone verde come potrà conciliarsi con l’impatto quotidiano relativo agli spostamenti su gomma che aumenteranno a dismisura? Come e a discapito di quali aree sarà modificato l’assetto viario esistente che ad oggi, a nostro avviso, non può reggere il traffico relativo ai futuri flussi commerciali? Come mai non è stata realizzata e discussa pubblicamente una seria analisi costi-benefici e sul progetto? Che ne sarà della strada del vino cesanese? E dei mai svaniti sogni di rivalutazione paesaggistico-turistica della Selva? Una cosa è certa: i capannoni del polo logistico ormai hanno sconvolto in modo permanente gli assetti paesaggistici dell’area, che sarà definitivamente “tombata” dall’aggressività del nuovo modello di sviluppo che insisterà lungo il suo perimetro.

 

Sociale

La routine del lavoratore di Amazon, in base a quanto riportato da molte inchieste giornalistiche a livello internazionale e nazionale, è usurante. Notevoli sono gli strascichi di carattere fisico e psicologico emersi dai racconti di ex dipendenti che hanno denunciato condizioni ai limiti della sopportabilità. La vecchia catena di montaggio fordista si ripropone con nuove modalità ancora più invasive in cui i progressi tecnologici non hanno un ruolo neutro ma aiutano i manager dell’azienda a controllare e sorvegliare che i ritmi di produttività vengano pedissequamente rispettati.

 

Le responsabilità dell’amministrazione comunale di Colleferro

Il progetto del nuovo polo logistico è stato benedetto a più riprese dall’amministrazione comunale di Colleferro guidata dal Sindaco Pierluigi Sanna. Alla posa della prima pietra il 10 maggio 2019, in base a quanto riportato dalla stampa, oltre al primo cittadino erano presenti i componenti della Giunta, diversi sindaci dei comuni limitrofi, l’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio Paolo Manzella, il senatore Bruno Astorre e il vescovo Vincenzo Apicella, un’occasione che ha mostrato la trasversalità del favore incontrato dal progetto. Il sindaco ha ribadito la sua posizione negli ultimi tempi, quando Amazon ha annunciato l’avvio della fase di selezione del personale. Dovrebbe spiegarci come mai sull’argomento abbia deciso di non optare per un dibattito partecipato. Anche per visionare gli atti relativi al progetto, di cui buona parte coperta da segreto industriale, attraverso apposita richiesta di accesso agli atti c’è voluto un anno (e il completamento dei lavori). Un anno in cui è stata annunciata una conferenza stampa per illustrare il progetto, rimandata a causa dell’incidente mortale avvenuto in discarica a Colle Fagiolara ai danni di un operaio il 9 novembre 2019 e mai più riconvocata, se non sotto forma di un evento per la presentazione del parco fotovoltaico che farà da tetto al polo logistico alla platea degli studenti dell’Ipia ‘Parodi Delfino’ il successivo 16 dicembre. Ci chiediamo: perché è mancata la volontà di programmare momenti di divulgazione e discussione partecipata su temi di estrema attualità e di trasformazione sociale? E perché, mentre sul progetto del parco del Castello Vecchio è stata costruita la retorica della “buona amministrazione”, si è deciso che un’area prospiciente il monumento naturale della Selva fosse, nel più totale silenzio, sacrificabile e che fosse possibile compromettere irrimediabilmente uno dei paesaggi più originali e caratteristici della nostra Valle? Nel grande progetto ‘Colleferro si rigenera’, sulla valorizzazione del patrimonio industriale storico della città di fondazione, si legge che “l’obiettivo al 2050” è “consumo di suolo pari a zero”. Ci chiediamo: nel progetto del nuovo polo logistico quanto suolo è stato consumato? Perché non si è avuto a cuore l’obiettivo al 2050? E come intende raggiungerlo l’amministrazione? Consumando tutto il suolo ancora a disposizione nel perimetro comunale prima del 2050?

 

Un’altra rotta

La retorica trionfalistica degli amministratori locali e regionali riguardo l’arrivo di Amazon non ha soltanto la funzione di mascherare il prezzo pesante che il territorio (e, con esso, l’intero Paese) andrà a pagare per l’espansione strategica di Jeff Bezos in Italia. Parliamo qui di inquinamento, malattie fisiche e psicologiche, sfruttamento, imbarbarimento della cultura del lavoro, nonché di criticità per il commercio di prossimità, con tutto ciò che ne deriva in termini di occupazione, qualità della vita e sottrazione di libertà civiche. La retorica dell’“almeno portiamo lavoro”, infatti, copre maldestramente la colpa maggiore della politica degli ultimi 50 anni: la sua totale assenza. Da decenni mancano persino gli spazi dove la popolazione possa ragionare sulla propria vita e il proprio territorio, sul futuro dei propri figli, sugli obiettivi e i mezzi per raggiungerli. Quale lavoro vorremmo, quali infrastrutture, quale economia, quale socialità, che tipo di “sviluppo”. Le decisioni, come sempre, calano dall’alto: le fabbriche belliche, l’industria dei veleni, la puzza d’immondizia e ora l’arrivo della logistica, da cui lanciare migliaia di corse su gomma al giorno. Il ruolo degli amministratori, una volta eletti, sembra essersi ridotto a mero mediatore di tale decisioni, rendendole digeribili al proprio elettorato. Quando arriverà il momento in cui le amministrazioni torneranno a governare, insieme ai cittadini, i processi decisionali attraverso un ampio e trasparente dibattito?

Tenere in considerazione e approfondire i conflitti di Amazon in corso nel mondo è essenziale per iniziare una discussione e un’azione pubblica in cui parlare di futuro, lavoro e società avendo a cuore diritti ed equità.

L’invito a contrastare e a leggere le critiche sul modello Amazon è un invito a costruire l’economia territoriale che desideriamo, in nome della vivibilità, della sostenibilità e della dignità sul posto di lavoro. Partiamo da cose semplici da potenziare e ripensare: la formazione, il manifatturiero, la ricerca, l’agricoltura, l’economia circolare, la filiera corta, la cultura e, soprattutto, alla luce dell’esperienza devastante del coronavirus, la cura delle persone e dei territori. C’è un grande bisogno di luoghi di incontro tra cittadini, di una mappa produttiva dei territori. Noi crediamo infatti che i bisogni siano: 1) di luoghi e programmi di incontro fra cittadini; 2) di una mappa produttiva del territorio e dei suoi legami con altri territori; 3) di una mappa delle competenze; 4) di una mappa socio-sanitaria; 5) di un’indagine sui desideri e le aspirazioni condivisi; 6) di un piano condiviso, ragionato e dinamico sul futuro del territorio da qui a cinque, dieci e vent’anni; 7) di educazione e aggiornamento; 8) di azioni che siano insieme civiche, economiche e politiche per ripristinare un potere democratico ed ecologico sulle leve del lavoro, dell’ambiente, della formazione, dell’espressione: reti produttive e commerciali locali, cooperative, piani di sviluppo, modelli di convivenza, modelli di consumo, strategie di finanziamento, scuole, gruppi di pressione, proposte di leggi, editoria.

Un’altra economia e un altro modello di sviluppo per i nostri territori sono possibili.

 

Le associazioni:

Circolo ARCI Montefortino 93 - Progetto Artena - International Society of Biourbanism - Scaffale ambientalista-Ugi - Comitato Rifiuti Zero Genazzano -  Associazione Terramadre Montelanico - Dopolavoro Ferroviario Velletri

Per aderire al documento scrivere a: [email protected]

 

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