Un qualsiasi prodotto artistico ha sempre suscitato ammirazione e meraviglia nell’uomo, il quale ha, per questo motivo, considerato il processo creativo un fenomeno affascinante ma, nello stesso tempo, incomprensibile. Il primo ad impegnarsi, con rigore scientifico, per trovare una soluzione all’enigma dell’arte e ad avviare un tipo specifico di studi, è stato il padre stesso della psicoanalisi Sigmund Freud.
Egli ha compreso come la supposta separazione tra conscio ed inconscio, tra normale e patologico, tra umano e divino, sia inesistente. Con lui la creatività, fino a quel momento considerata facoltà di pochi, è divenuta una capacità che potenzialmente ogni individuo possiede.
Egli ha concepito l’arte essenzialmente come uno dei mezzi adeguati per tollerare l’esistenza, come una sfera posta tra Eros e Thanatos, rappresentante una soddisfazione del desiderio sostitutiva, non ossessiva, non nevrotica: una sorta di passaggio, di via regia verso l’inconscio, come il sogno ma, a differenza del sogno, profondamente creativa.
Approfondendo il rapporto tra sogno ed opera d’arte, egli ha considerato quest’ultima come un sogno condiviso con lo spettatore, ha sostenuto che il piacere prodotto dal motto di spirito è analogo a quello che si verifica nell’opera d’arte e ha ipotizzato l’esistenza di un “piacere preliminare” o “premio di seduzione”.
Inoltre ha proposto la tesi che negli artisti vi sia una certa “flessibilità di rimozione” e ha attribuito all’artista la funzione fondamentale di metterci in comunicazione col nostro inconscio “senza rimprovero e senza vergogna”.
I primi a rivolgersi a tali studi, dopo Freud, sono stati Rank, Sachs e Abraham, i quali hanno inteso soprattutto dimostrare come le opere d’arte siano espressione mascherata di profondi conflitti infantili dei loro “creatori” e siano essenziali per il superamento di tali conflitti.
Rank e Sachs hanno accordato grande importanza al complesso di Edipo e hanno mirato a sottolineare come l’arte sia un fenomeno sociale nella sua accezione più ampia. Abraham ha analizzato il rapporto tra sogno e mito.
Bergler, invece, ha definito la creazione artistica non come espressione di desideri infantili, ma come una difesa contro questi desideri e ha posto le radici del conflitto nella fase orale dello sviluppo libidico.
Contributi fondamentali hanno apportato anche Kris e la Klein. Di Kris, il quale ha classificato accuratamente il processo creativo e ha cercato di stabilire le differenze tra l’espressione artistica della personalità normale e quella dello psicotico, è divenuto un classico il concetto di “regressione al servizio dell’Io”, durante il processo della creazione.
La Klein ha spiegato la creatività con la tendenza a riparare e ricreare, dentro e fuori di sé, gli oggetti d’amore, e ha postulato all’origine di essa e delle sublimazioni la posizione depressiva.
Tra coloro che hanno preso spunto per le loro ricerche dalle tesi della Klein, particolare importanza ha avuto H. Segal per la quale ogni creazione è ri-creazione di un oggetto, un tempo amato ed integro, poi perduto e rovinato, di un mondo interno e di un sé frantumati. Quindi è attraverso la “creazione” che l’artista supera la depressione, ed è mediante l’opera d’arte che l’artista, rivive le sue ansie depressive, ristabilisce i suoi oggetti interni e si ritrova arricchito.
Diversa è ancora la posizione di J. Chasseguet – Smirgel, il cui interesse è rivolto verso i problemi della forma artistica e dello stile, e verso la funzione dell’atto creativo. Se per la Klein l’atto creativo trae origine dal desiderio di riparare l’oggetto, secondo la Smirgel esiste un’ attività creativa la cui funzione è la riparazione del soggetto stesso. Solo con l’atto creativo, che porta ad una riparazione del “sé”, si avrebbe una reale sublimazione. L’artista, attraverso le sue creazioni, riuscirebbe a compensare, da solo, il deficit narcisistico subito durante l’infanzia. Solo attraverso l’analisi dell’opera d’arte, frutto, specchio, prodigioso doppio dell’artista, che riflette tutto lo stile psichico del creatore, si potrà accedere alla specificità di essa e, contemporaneamente, alla specificità e unicità del creatore stesso.
Gli studi degli psicoanalisti sull’arte, da me citati in questo articolo, rappresentano le premesse fondamentali per la nascita e lo sviluppo dell ’arteterapia e grazie a questi contributi l’arteterapia ha avuto un riconoscimento internazionale ed è potuta diventare una precisa metodologia e un preciso strumento di indagine terapeutica.
Essenziali quindi per l’applicazione dell’arteterapia, risultano, a mio avviso, i concetti dell’arte come “via regia verso l’inconscio”, il “piacere preliminare” e ”la flessibilità di rimozione” elaborati da Freud; i concetti di lutto, del dolore per la perdita dell’oggetto amato, sperimentati primariamente nella posizione depressiva, i necessari impulsi riparatori e la nostalgia di un mondo perduto elaborati dalla Klein; il concetto di “regressione al servizio dell’Io” di Kris; il concetto dell’atto creativo come “riparazione di sé” della Chasseguet – Smirgel.
Nicola Velotti
Nicola Velotti è psicoanalista, consulente filosofico e arteterapeuta. Laureato in Filosofia - indirizzo psicopedagogico - presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli. Specializzato in Psicoterapia Analitica e in Training Autogeno presso l’Istituto di Ricerche Scientifiche A.R.P.A.D. (Associazione Ricerche Psicologia Applicata e Dinamica) di Roma. Presidente dell’Associazione “Philosophic Therapy Center”,già vicedirettore del C.I.S.A.T. (Centro Italiano Studi di Arte Terapia), ha promosso un ciclo di conferenze sull’Arteterapia e sulla Consulenza Filosofica a cui hanno partecipato studiosi di varie nazionalità. E’ stato componente dei consigli di amministrazione di varie società e docente presso diversi corsi. Ha un incarico di docenza per il corso di specializzazione per attività di sostegno in Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione presso l’ Università degli Studi Internazionali di Roma. E’ docente di Psicologia dell’arte e Tecniche espressive integrate presso l’ABAN (Accademia di Belle Arti di Nola). E’ membro del Consiglio Direttivo dell’Association des Psychanalystes Européens (APE).Ha collaborato con varie riviste scientifiche. La sua ricerca riguarda l’applicazione pratica dell’arte e della filosofia finalizzate al miglioramento del benessere psicofisico e alla connessione dell’uomo con l’ambiente.