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Nikos Salingaros sulla struttura urbana #1 I linguaggi dei pattern

Lunedì 28 Aprile 2014 18:19  |  Teoria  |  

di Nikos Salingaros

I linguaggi dei pattern ci aiutano ad affrontare la complessità di un’ampia varietà di sistemi, che vanno dai programmi informatici, agli edifici, alle città. Ogni “pattern” (“modello”) rappresenta una regola che governa una parte funzionale all’interno di un sistema complesso, ed è possibile applicare i linguaggi dei pattern in modo sistematico. Una progettazione studiata per connettersi agli esseri umani deve integrare l’informazione apportata da un linguaggio dei pattern, basato su invarianti generali. Un linguaggio dei pattern permette ai pattern di scala più piccola di combinarsi con, e di rinforzare, quelli di scala più ampia. I pattern di grande scala sono a loro volta necessari, perché contengono più informazione dei pattern di piccola scala che li sostengono, e mostrano perciò proprietà emergenti. Questo articolo descrive come verificare la validità di alcuni linguaggi dei pattern già esistenti, come sviluppare linguaggi dei pattern per nuove discipline, e con quale successo i linguaggi dei pattern si evolvono nel tempo. Arricchire e riparare un linguaggio dei pattern comporta la conservazione della conoscenza previamente acquisita. Come applicazione, è stata tratta dai pattern architettonici di Christopher Alexander la geometria connettiva delle interfacce urbane.

 

Introduzione

Noi osserviamo il mondo che ci circonda e ne impariamo le strutture, astraendone i rapporti di causa ed effetto, ed evidenziando soluzioni ricorrenti che si ottengono in condizioni diverse. Queste regole empiriche, che mostrano le regolarità di un accadimento, sono chiamate “pattern”. I pattern visuali sono l’espressione più semplice del concetto di pattern (Salingaros, 1999). Vi sono molti pattern ben radicati nelle nostre menti: il corredo ereditario delle azioni e reazioni che garantiscono la nostra sopravvivenza. Altri pattern si devono invece imparare, e costituiscono un’estensione artificiale della mente umana. La capacità di osservare i pattern conferisce all’uomo un vantaggio adattativo e allo stesso tempo il potere di modificare l’ambiente. Ovviamente, per coglierne il meccanismo di base, è necessario che la complessità nella quale è involto il pattern in contesto venga almeno in parte chiarita.

Il linguaggio di un gruppo di pattern costituisce il fondamento di ogni disciplina. I linguaggi dei pattern appresi — quelli non connaturati alla mente umana — sono stati accuratamente conservati nel passato. Molti pattern relativi alle relazioni umane si trovano ad es. codificati nelle religioni, nei miti, e nelle epiche letterarie. Dall’accumulo di scoperte, generazione dopo generazione, sorge così un’intelligenza collettiva. Si tratta di un processo assolutamente pubblico. Le scienze si appoggiano alla matematica per il potere di organizzare dati e spiegare fenomeni attraverso regolarità, ovvero pattern logici (Steen, 1988). Si assiste a un avanzamento quando i pattern di un’area si collegano a quelli di altre aree.

Il presente documento discute il linguaggio che collega insieme i pattern. Un linguaggio dei pattern contiene informazione connettiva utile, che aiuta sia a convalidare i pattern, sia ad applicarli. Definiremo la struttura di un linguaggio dei pattern nei termini delle proprietà delle combinazioni dei pattern. Un tale approccio permette di osservare l’ordinarsi dei pattern nello spazio, nel tempo e nelle dimensioni umane. Un minimo di familiarità con i pattern architettonici di Christopher Alexander è dato per scontato (Alexander, Ishikawa et al., 1977). Benché introdotti in architettura più di vent’anni fa, il loro vero significato è stato colto soltanto da pochi professionisti. I pattern sono infatti un potente strumento per controllare processi complessi, ma a causa di alcuni equivoci non hanno svolto un ruolo importante nel progetto architettonico. D’altro canto i pattern hanno incontrato un successo inaspettato nell’ambito disciplinare dell’informatica.

I destinatari di questo scritto sono tutti coloro che hanno interesse a connettere i propri progetti agli esseri umani. Dimostreremo che ciò non può essere fatto senza incorporare dei pattern. Dopo aver descritto in termini generali che cosa sono i pattern, ed i modi in cui possano venir combinati, discuteremo della relazione tra pattern e scienza. L’utilizzo della teoria dei grafi illustrerà visualmente alcuni aspetti chiave dei linguaggi dei pattern: come si combinano i pattern per formare pattern di livello più alto che contengono nuova informazione; in che modo pattern collegati esistono su differenti livelli; come scoprire dei pattern in un nuovo linguaggio; in che modo un linguaggio dei pattern risulta convalidato mediante la sua struttura connettiva, indipendentemente dalla validità di ciascuno dei suoi singoli pattern. Un’attenzione particolare sarà data al modo in cui un linguaggio dei pattern viene danneggiato dall’imposizione di regole stilistiche arbitrarie e di anti-pattern, spesso confusi per pattern. Fin troppo spesso si è cercato di trasformare una società cambiandone il linguaggio dei pattern dedicato all’architettura. Verrà offerta un’applicazione di questo approccio dei pattern alla geometria delle interfacce urbane.

 

Cos’è un pattern?

Alexander e i suoi colleghi hanno estratto 253 soluzioni o “pattern” di design ricorrenti in architettura, come ad esempio il bisogno di PICCOLI LOTTI DI PARCHEGGIO (n. 103), o BALCONE DI DUE METRI — la profondità minima affinché sia utilizzabile — (n. 167) (Alexander, Ishikawa et al., 1977). Essi hanno mostrato come i progetti che hanno violato tali pattern abbiano riscosso un successo notevolmente inferiore di quelli che invece li hanno seguiti. La modalità usata da Alexander per definire un pattern prevede un’affermazione che sintetizza la filosofia riguardo a uno specifico argomento. Ad es. per PICCOLI LOTTI DI PARCHEGGIO: «Lotti di parcheggio ampi rovinano il territorio destinato alle persone».

L’affermazione relativa al pattern viene quindi seguita da una spiegazione che ne sostiene la ragione: dati statistici; un’analisi scientifica; la scoperta dell’esistenza parallela di quel pattern in culture completamente diverse; ragioni psicologiche, strutturali o culturali; ecc. Per es., la discussione che segue il pattern di cui sopra recita: «... la semplice esistenza delle auto mette a repentaglio la struttura sociale, se le aree destinate a parcheggio occupano più del 9 o 10% del territorio di una comunità. ... parcheggi di dimensioni ridotte sono molto meglio per l’ambiente di quelli grandi, anche se la somma complessiva delle loro aree fosse equivalente. ... Le aree di parcheggio ampie, benché adatte alle auto, hanno caratteristiche del tutto inadatte alle persone».

Un pattern finisce con qualche tipo di indicazione pratica, per aiutare a concretizzarlo in un design reale. Riguardo al nostro esempio la conclusione è: «Realizzare aree di parcheggio piccole, adatte a non più di 5 o 7 automobili, ogni area circondata da muretti da giardino, siepi, steccati, pendii e alberi, in modo che dall’esterno le auto risultino pressoché invisibili ...».

Molte critiche rivolte a Un linguaggio dei pattern di Alexander sono in parte giuste, ad es. che esso riflette la mentalità degli anni ’60, che è troppo radicale e difficile da incorporare nel disegno e nella progettazione contemporanei, o che ignora quasi tutto ciò che viene ritenuto importante dall’architettura del ventesimo secolo. Ma queste sono sottigliezze a confronto dell’importante messaggio del libro. Il presente articolo tenterà di dimostrare che qualunque progetto ignori i pattern non ha alcuna speranza di connettersi agli esseri umani.

 

Le combinazioni dei pattern di Alexander

I pattern progettuali possono venir combinati in un’infinità di modi. Le regole di connessione — vale a dire il linguaggio — sono state però soltanto abbozzate. Per comprendere la relazione intercorrenti fra i pattern, occorre risalire ai primi lavori di Alexander (Alexander, 1964; Alexander, 1965). Ad esclusione del capitolo 16 di Il modo atemporale di costruire (Alexander, 1979), Alexander stesso non si è dilungato sul tema della sintesi fra i pattern. Ogni debolezza dei pattern della quale ci diamo conto potrebbe risiedere nei pattern specifici, ma più probabilmente è dovuta alla mancata comprensione del loro linguaggio combinatorio. Sebbene Alexander alluda alla connettività dei propri pattern progettuali verso altri pattern (nel preludio e nel post scriptum), è difficile aver di essi una visione senza una mappa connettiva. Persino gli architetti che utilizzano i pattern, tendono ad ignorare in qual modo i pattern si colleghino l’uno all’altro, e così il disegno che ne risulta molto spesso manca di coerenza sulla larga scala.

In uno sviluppo decisamente inatteso, il format de Un linguaggio dei pattern ha incontrato un’applicazione fondamentale nella programmazione dei computer. Ogni soluzione di programmazione che ricompare in situazioni distinte, può essere identificata come un “pattern”, e di conseguenza venire riutilizzata come un’unità. Quella dei pattern è ormai riconosciuta come una potente cornice teorica all’interno della quale assemblare complessi programmi informatici (Coplien e Schmidt, 1995; Gabriel, 1996; Gamma, Helm et al., 1995). I sostenitori dei pattern nel software, ritengono che essi aiutino a sciogliere un ampio spettro di problemi pratici, che altrimenti risulterebbero troppo disagevoli oppure impegnerebbero troppo tempo per essere risolti.

Per rendere meglio ai lettori che cosa s’intenda per pattern che si connettono l’uno all’altro, elenchiamo alcuni esempi di associazione.

1. Un pattern contiene o generalizza un altro pattern di scala inferiore.

2. Due pattern sono complementari, e l’uno ha bisogno dell’altro per essere completo.

3. Due pattern risolvono problemi diversi che si sovrappongono e coesistono sullo stesso livello.

4. Due pattern risolvono lo stesso problema in maniera alternativa, in modo ugualmente valido.

5. Pattern distinti condividono una struttura simile, implicando perciò una connessione a livello superiore.

Quando si propongono delle regole di connessione, vengono fuori due diversi aspetti del pattern. Le componenti interne di un pattern determineranno l’inclusione in un pattern più ampio. D’altro lato, è l’interfaccia a determinare la giustapposizione, o la connessione sullo stesso livello. Due pattern sullo stesso livello possono competere, blandamente coesistere, o costituirsi come complementi indispensabili l’uno per l’altro.

Una critica ai pattern di Alexander deriva dal fatto che essi si oppongono ad alcune pratiche economiche ed al processo costruttivo attuali. Un linguaggio dei pattern va dalla scala del dettaglio di superficie fino a quella di una grande città, e comprende le idee di Alexander su come impostare al meglio un ambiente artificiale umano (Alexander, Ishikawa et al., 1977). Alcuni pattern urbani si contrappongono direttamente alla speculazione territoriale e all’erezione di megatorri, laddove i pattern costruttivi rendono ovvio il bisogno di una qualità più strutturale rispetto a quella offerta abitualmente dagli appaltatori di oggi. Entrambi questi punti minacciano una fonte di profitto nella costruzione industriale. Mentre non è ancora chiaro come riconciliare queste discrasie, i critici di Alexander le usano come scusa per rifiutare tutto Un linguaggio dei pattern e dichiararlo impraticabile e irrealistico (Dovey, 1990). Un atteggiamento assai poco lungimirante da parte loro.

Più seria la preoccupazione avanzata dai professionisti che cercano di applicare i pattern di Alexander per dare forma all’ambiente costruito: Un linguaggio dei pattern non è un “metodo di progettazione”, ma nessuno ha mai preteso che lo fosse. È piuttosto uno sforzo per integrare dei pattern in un disegno progettuale contemporaneo. Gli architetti però hanno un disperato bisogno di un metodo di disegno autoinclusivo, e non trovandolo nelle teorie di Alexander, utilizzano piuttosto un metodo qualsivoglia di design alla moda. Gli strumenti proposti da Alexander vengono perciò ignorati, e si riveleranno utili soltanto a un’analisi retrospettiva, la quale ci spiegherà anche che Un linguaggio dei pattern a tutt’oggi non ha avuto alcun impatto. La progettazione è un lavoro tremendamente difficile, e a noi piacerebbe aiutare a mostrare come usare in pratica i pattern.

Un insieme di pattern connessi, costituisce un contesto all’interno del quale è possibile stabilire qualsiasi progetto. I pattern non determinano però il disegno. Imponendo delle condizioni eliminano certo un gran numero di possibilità, ma permettono ancora un numero infinito di possibili disegni. L’affinarsi delle possibilità, dopo tutto, costituisce parte essenziale di un metodo pratico di progettazione. In questo caso, le scelte che restano sono esattamente quelle che connettono agli esseri umani, visivamente, emotivamente, funzionalmente, o perché facilitano le loro interazioni e le loro attività. Le persone hanno dei bisogni fondamentali di tipo fisico ed emotivo, che dovrebbero venir soddisfatti dall’ambiente costruito, eppure fino ad oggi la maggior parte di essi è stato trascurato. Il disegno architettonico che adatta — o meglio ancora perfeziona — un contesto di pattern di Alexander, verrà avvertito come più “naturale” di uno che non lo fa.

 

Applicazione: la geometria connettiva delle interfacce urbane

In una città viva, il ruolo dei confini è quello di definire e connettere regioni diverse, e d’incoraggiare molti tra quei processi umani che rendono la città funzionale. Se queste funzioni hanno luogo, ciò è in gran parte una conseguenza della geometria dei confini urbani: dev’essere allo stesso tempo frastagliata e permeabile. (In termini matematici, è corretto chiamare una tale linea “frattale”, né continua, né perfettamente liscia). L’informazione necessaria è già contenuta in svariati pattern di Alexander. Tali pattern architettonici si combinano per fornire una definita geometria urbana, molto diversa da quella che riscontriamo nelle odierne città.

In pratica risulta molto scomodo lavorare utilizzando un catalogo completo di pattern già scoperti per realizzare un prodotto. Un elenco connettivo semplificato è in grado di migliorare enormemente l’utilizzabilità di un dato linguaggio dei pattern. Una procedura per generare una mappa del genere si basa sullo “spezzettamento” concettuale dell’informazione (Miller, 1956). Lo scopo è quello di riunire i pattern in gruppi di circa cinque (o meno) per ogni livello di scala. Supponiamo che vi sia il bisogno di disegnare qualcosa utilizzando i pattern a disposizione; si prendono quelli che sono più rilevanti per il problema che stiamo affrontando, e quindi se ne scelgono non più di una dozzina da un catalogo di pattern. Si identifica una dimensione verticale (per es. tempo, spazio, o grandezza del gruppo) appropriata al processo che genera il prodotto finale, e si passa a studiare in che modo il processo generativo si sviluppa quando ci si muove lungo i livelli della scala.

Una volta che un gruppo di pattern viene messo insieme da un catalogo di pattern, si può tornare indietro e svilupparne altri per dei processi collegati, che includeranno pattern lasciati fuori durante il primo giro. I gruppi di pattern per risultati diversi dovrebbero essere separati, in modo da non confondere vicendevolmente la propria chiarezza.

 

I pattern per le interfacce urbane

Diversi pattern hanno un impatto diretto sulla geometria delle interfacce urbane. Li elenchiamo qui, secondo la numerazione de Un linguaggio dei pattern (Alexander, Ishikawa et al., 1977).

 

Tavola 1. I pattern di Alexander che definiscono i confini urbani.

13. CONFINE SUBCULTURALE

15. CONFINE DI VICINATO

42. FASCIA INDUSTRIALE

53. ENTRATE PRINCIPALI

108. EDIFICI COLLEGATI

119. PORTICATI

121. PROFILO DEL SENTIERO

122. FACCIATE

124. SACCHE DI ATTIVITÀ

160. MARGINE DELL’EDIFICIO

165. APERTURA ALLA STRADA

166. CONTORNO DEL LOGGIATO

 

Questi dodici pattern funzionano da fondamenta empiriche di una geometria delle interfacce urbane.

 

Invertire l’ordine dei pattern

I pattern di Alexander sono numerati secondo l’ordine decrescente della grandezza, ma noi dobbiamo invertire quest’ordine nella lista qui sopra ai fini della nostra discussione. CONTORNO DEL LOGGIATO propone che le persone debbano poter camminare lungo una zona di connessione, come un balcone, per sentirsi connesse al mondo esterno. APERTURA ALLA STRADA è un corollario: le persone su un marciapiede dovrebbero sentirsi connesse alle funzioni interne all’edificio, e ciò viene reso possibile da aperture dirette. Il MARGINE DELL’EDIFICIO dovrebbe essere tale da incoraggiare la vita, creare snodi pedonali e dunque quella geometria necessariamente frastagliata e merlata che essi richiedono. SACCHE DI ATTIVITÀ rivela che ogni spazio pubblico è ben riuscito soltanto se il suo contorno accoglie e conforma snodi pedonali ben riusciti. FACCIATE definisce la vita al margine edificato di una strada, laddove i rientri uniformi delle parti alte degli edifici «quasi sempre distruggono il valore delle aree aperte fra gli edifici». PROFILO DEL SENTIERO richiede degli snodi pedonali lungo un passaggio, i quali deformeranno ogni rettifilo in una foggia più frattale. PORTICATI connette l’interno degli edifici con il mondo esterno, attraverso uno spazio intermedio parzialmente coperto; senza di esso, la transizione è troppo brusca.

EDIFICI COLLEGATI crea sia una frontiera, sia un passaggio lungo di essa, che risulta distrutto se c’è dello spazio intermedio tra gli edifici. ENTRATE PRINCIPALI dà significato — definendo l’accesso — a ciò che altrimenti risulterebbe uno spazio inutilizzabile fra gli edifici. FASCIA INDUSTRIALE funziona da possibile via alla creazione di un ampio confine per separare regioni che contengono tipi di edifici diversi. Infine, i due pattern CONFINE DI VICINATO e CONFINE SUBCULTURALE sottolineano la necessità di contenimento in una città viva, e mostrano in che modo una zona può distruggerne una vicina se sono assenti gli appropriati confini. Insieme, questi pattern si combinano per generare l’immagine di una città viva che dipende in gran parte dalle sue convolute, permeabili interfacce. L’informazione accumulata da Alexander e dai suoi colleghi nel comporre Un linguaggio dei pattern, offre un concetto del tessuto urbano come di una struttura altamente connessa, le cui suddivisioni vengono definite da confini complessi.

Alcuni critici potrebbero desiderare l’eliminazione del primo gruppo di pattern, in quanto validi soltanto per una città pedonale, che, secondo il loro giudizio, non esiste più. Invece è vero proprio l’opposto. La discussione di questo articolo mostra chiaramente che siccome gli esseri umani sono anatomicamente costituiti per camminare ed è questo il loro principale mezzo di trasporto, questi pattern non hanno età, e restano validi anche se il loro contesto risulta rinserrato nell’odierno paesaggio urbano dominato dalle automobili. Funzionano ovunque camminiamo, in un parcheggio, lungo le vetrine dei negozi, per marciapiedi suburbani, o all’interno di grandi centri commerciali coperti. Decenni di repressione ad opera dei pattern a favore della rete automobilistica, hanno cancellato la maggior parte dei pattern pedonali (Newman e Kenworthy, 1999). Ovunque vi sia un’opportunità architettonica, tuttavia, questi pattern riemergono spontaneamente per creare un’interfaccia vivente.

 

Convalida dei pattern

Alexander presenta il suo Un linguaggio dei pattern come uno strumento pratico, e ordina i pattern in un ordine di grandezza approssimativamente decrescente. In effetti è questo l’ordinamento corretto quando li si utilizzi per il progetto, perché le decisioni su ampia scala vanno assunte prima. Tuttavia, ciò presuppone la comprensione che i pattern sono veri nel senso fondamentale del termine. Il problema è che l’architettura maggioritaria non ha mai accettato interamente i pattern di Alexander; sono stati piuttosto i movimenti di frangia più sensibili e spirituali a farlo. Così, per verificare i pattern suesposti, bisogna leggerli nel senso contrario, dal piccolo al grande. La mente umana è capace di organizzare i pattern più piccoli in gruppi; i pattern più grandi utilizzano questi raggruppamenti, e generano anche nuove proprietà che non sono presenti nei pattern che li compongono. La mente è capace di convalidare i pattern in maniera subcosciente, quando leggiamo i pattern secondo un ordine che si evolve (dal piccolo al grande).

Persino adesso, a più di vent’anni dalla sua pubblicazione, è raro che il significato principale de Un linguaggio dei pattern venga adeguatamente considerato. Molta gente lo ritiene ancora una sorta di catalogo di preferenze personali, il che è un fraintendimento completo (Dovey, 1990). Anche coloro i quali capiscono che ciascun pattern è stato fondato o per osservazione empirica, o attraverso un ragionamento scientifico, spesso non riescono a costatarne l’inevitabilità. È raccomandabile fotocopiare i pattern rilevanti da Un linguaggio dei pattern (Alexander, Ishikawa et al., 1977), e spillarli insieme nell’ordine inverso. Leggerli senza la distrazione di tutti gli altri pattern aiuta a collegarli nella mente del lettore. La progressione naturale dal piccolo al grande svela le connessioni tra le scale più ampie che via via si susseguono. Ciò conduce alla conclusione che il tipo di confine urbano descritto non è una mera suggestione, ma è proprio necessario per una città vivente.

Oltre la convalida interna offerta dalla loro capacità di combinarsi, ciò che dimostra la necessità dei pattern è la loro connessione ai pattern fondamentali del comportamento e del movimento umano. Molte funzioni ed interazioni umane vengono facilitate dalla geometria urbana proposta, e si potrebbero collegare graficamente in maniera diretta i pattern comportamentali con questi pattern architettonici. Nella maggior parte dei casi tale connessione si mostra come l’intuizione che i pattern relativi ai confini urbani “suonano bene”. Alexander ha fondato molto della convalida de Un linguaggio dei pattern su questa valutazione intuitiva (capitolo 15 di Il metodo atemporale di costruire (Alexander, 1979)), che però è stata rigettata come non scientifica. La nostra discussione dimostrerà che ad essa è invece sottesa una base di teoria dei grafi.

Più piccola è la scala sulla quale il pattern agisce, e con più immediatezza esso si connette agli esseri umani. I pattern architettonici al livello umano di scala 1 cm – 1 m, creano una risposta viscerale, perché possiamo averne un’esperienza pressoché con tutti i nostri sensi. Pattern più grandi che non possono essere toccati o sentiti richiedono sintesi e riconoscimento; diventano più intellettuali. Le persone che non ne hanno provato esperienza diretta (in alcune regioni del mondo ne esistono ancora) raramente sono in grado di immaginarne l’impatto emotivo. Questa è la ragione per cui in un processo di convalida la sequenza dal piccolo al grande funziona: essa introduce a una connessione umana più forte all’inizio, e i pattern successivi si costituiscono su un fondamento accettato intuitivamente.

 

Pattern e scienza

La restante parte di questo articolo discute i pattern in termini molto generali, con l’intenzione di dimostrare la loro inevitabilità. Un pattern è una soluzione, frutto di una scoperta, messa alla prova diverse volte, e sotto varie condizioni. La cornice temporale dei pattern architettonici e urbani può misurare svariati millenni. Un pattern di solito non viene inventato, per cui la creatività qui è subordinata all’indagine e all’osservazione empirica. È possibile inventare nuovi modi di combinare e mettere in relazione i pattern. La creatività è riservata ai prodotti che sorgono da un’applicazione del linguaggio dei pattern, non al processo. Giacché i pattern sono derivati empiricamente da osservazioni, differiscono dalla teoria scientifica che trae soluzioni a partire dai primi principi. Tuttavia, i pattern oggetto di scoperta forniscono un fondamento fenomenologico sul quale le teorie scientifiche possono prosperare. Una volta stabilite, tali teorie spiegano perché determinati pattern funzionano.

Talvolta, un pattern può sorgere come una congettura confusa. Deve sopravvivere a un intenso fuoco di critica e analisi, che costituisce parte del metodo scientifico di verifica. Nonostante i pattern siano pre-scientifici, di fatto hanno un’estensione superiore a quella della scienza. Un pattern può rappresentare l’intersezione di distinti meccanismi scientifici. Molti pattern non possiedono ancora una spiegazione scientifica; altri le hanno, ma le spiegazioni possono essere farraginose e complicate se confrontate alla semplicità dei pattern stessi. Medicina, farmacologia e psicologia sono basate almeno in parte sui linguaggi dei pattern, laddove le loro fondamenta fenomenologiche vengono rimpiazzate lentamente da una base bio-chimica. Le regole morfologiche e scalari che si applicano ampiamente in diverse discipline (West e Deering, 1995) sono pattern utili indipendentemente dai meccanismi particolari che generano il fenomeno osservato.

Sfortunatamente, l’architettura come disciplina attualmente non dispone dei mezzi per verificare un pattern architettonico, e così il meccanismo base per la formazione dei pattern risulta inesistente. Gli architetti che non sono stati formati anche al metodo scientifico, non faranno distinzione tra un metodo o una procedura di progettazione che dia risultati di successo, e uno che non li dia; il processo di verifica che dovrebbe seguire ogni soluzione proposta, non rientra nella formazione degli architetti (Stringer, 1975). Le ragioni per le quali alcuni edifici falliscono — nel senso di essere sgradevoli e difficili da usare — non vengono mai analizzate seriamente. Di conseguenza, gli errori nel disegno tendono a ripetersi indefinitamente.

Un rovesciamento filosofico ci presenta un impedimento ancora più grave all’utilizzo dei pattern architettonici. L’architettura in questo secolo si è trasformata da mestiere al servizio dell’umanità con le sue strutture confortevoli e utili, in un’arte che serve innanzitutto da veicolo espressivo della personalità dell’architetto. Nell’attuale paradigma architettonico, il benessere emotivo e fisico dell’utilizzatore occupa un’importanza soltanto secondaria. Gli architetti vi si oppongono, perché lo ritengono erroneamente di ostacolo alla libertà artistica. Da un lato dichiarano di desiderare una libera espressione della propria creatività, ma dall’altro obbligano se stessi ad operare all’interno di irrilevanti limiti stilistici. L’architettura contemporanea è divenuta auto-referenziale, cioè verificabile unicamente da quanto bene si conforma a un certo stile correntemente accettato, e non da qualche criterio oggettivo esterno o di tipo scientifico (Stringer, 1975).

(segue)

 

Il presente testo (prima parte) è tratto da Architectural Research Quarterly, volume 4, No. 2, 2000, pagine 149-161. Traduzione di Stefano Serafini.

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