di Marco Rostan
L’ultima follia architettonica, inaugurata a Milano in vista dell’Expo 2015, si chiama “bosco verticale” e consiste in due torri residenziali di una trentina di piani, con balconi o terrazze pensili, sulle quali vengono piantati alberi e cespugli, in modo da realizzare, davanti al soggiorno o alla camera da letto, un giardinetto alberato, se preferite un “verde privato”. Non mancheranno gli entusiasti dell’idea né i ricconi che potranno permettersi di goderne. Altri diranno: che male c’è?
In realtà c’è un disastro culturale, e in questo caso politico, urbanistico e architettonico: si fa il bosco artificiale su per le pareti delle case e nello stesso tempo si abbandonano i boschi veri, o li si incendia per avere altro terreno edificabile. Si fa il verde privato per i Paperoni e si toglie il verde pubblico nelle città, si consuma il suolo agricolo per costruire e costruire appartamenti che pochissimi compreranno, mentre si moltiplicano i cartelli affittasi o vendesi e l’affitto di un bilocale costa la metà, se non di più, della pensione (beato chi ce l’ha… ). Si annaffierà il praticello al trentesimo piano mentre altrove si spalerà il fango dei torrenti che scoppiano dopo essere stati “intubati” per poterci costruire sopra altri condomini, altri supermercati.
Decadimento culturale, politica dominata alla speculazione e dalla corruzione. Ma i responsabili ci sono e sono individuabili, a cominciare dalle amminisrazioni che rilasciano i permessi di costruzione, che non demoliscono ciò che è abusivo, a chi innalza enormi argini di cemento anziché lasciare grandi spazi vuoti dove, in caso di alluvioni, i fiumi possano esondare senza danno per qualche chilometro. I reponsabili ci sono ma nessuno paga di persona, i costi gravano sulla collettività, i soldi non bastano e quando sono stanziati non li si usa per fare ciò che servirebbe al territorio e darebbe un po’ di fiducia, di futuro a chi ha perso tutto.
Si dirà che questo non c’entra per nulla con i grattacieli di Milano e il loro bosco verticale. In parte è così, ma che cosa si deve pensare quando si legge che, con 8400 metri quadrati di terrazze e mille piante su per le finestre si realizza «un nuovo modo di abitare, conciliando confort, centralità, sicurezza con il desiderio di vivere»?
Anche il grande architetto Le Corbusier ha costruito unità di abitazione con il tetto piano e un prato sopra, ma per farci giocare i bambini di tutto il palazzo (uno dei suoi motti, quando esaminava i progetti, era: «pas d’enfants? pas d’architecture»). Del resto questa idea dell’erba che impermeabilizza il tetto è nella tradizione costruttiva di molti paesi nordici. Va benissimo sui garage. Ma il bosco verticale non impermeabilizza un tubo, magari farà infiltrare l’acqua. Che poi questi due edifici milanesi realizzati dallo Studio Boeri abbiano ricevuto il Premio Highrise per «il più bel grattacielo del mondo» è un insulto, non all’architettura ma al buon senso. Chissà se i proprietari degli alloggi porteranno i loro cani a pisciare sui tronchi davanti alla finestra? Sarebbe un piccolo vantaggio per i marciapiedi…
*Riprendiamo volentieri questo articolo su gentile concessione di Riforma.it, organo di informazione delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia (link) che fa il punto su una questione cruciale del design di oggi, ridotto alla categoria dello spettacolare. Ci sembra indicativo che a portare l'attenzione del pubblico italiano su tale argomento sia una rivista estranea al mondo architettonico e urbanistico. Sul gruppo Linkedin "Biourbanistica" si svolge un dibattito in lingua inglese fra gli "addetti ai lavori" (come se i cittadini non dovessero essere i primi "addentrati addetti" in problemi urbanistici) più concentrato sui problemi tecnici del progetto (link).
Fonte dell'immagine: Portfolio online dello Studio Boeri Architetti (link).